Ri-volta la carta
co-produzione OFFICINE DELLA CULTURA e ASSOCIAZIONE RITMI
RI-VOLTA LA CARTA
di Gianni Micheli
musiche originali Les Trois Comò
con:
Elisa Tonelli (voce e chitarra)
Giorgio Pinai (flauti e ceccola)
Fabrizio Volpi (chitarra e bouzouki)
Giacomo Piermatti (contrabbasso)
Massimiliano Dragoni (percussioni e salterio a battenti)
Gianni Micheli (voce e fisarmonica)
Gianni Micheli (voce e fisarmonica)
fonica:
Enrico Zoi
Ci sono desideri inconfessabili che fanno ormai parte del nostro mondo immaginifico cresciuto tra trame televisive e cinematografiche. Uno di questi, indicato in “tempi di crisi”, è la comunicazione di un’improvvisa quanto incredibile eredità… un po’ come vincere all’Enalotto. Ah! Quanti sogni di appagamento si celano dietro il desiderio di una ricchezza improvvisa! Sogni, in genere, d’abbondanza e di sperpero di risorse in barba “a chi ci vuol male”.
Ma che accadrebbe se l’improvvisa eredità non fosse monetaria ma culturale? Se appartenesse alla nostra più antica tradizione? Se fosse, ad esempio, non un castello sulle Alpi ma… la ricetta di una pagnotta di pane? Non un conto in banca ma… una canzone? L’arricchimento si trasformerebbe, si o no, in “impoverimento”?
Queste sono solo alcune delle domande cui cerca di rispondere lo spettacolo in musica Ri-volta la carta. Punto di partenza la canzone tradizionale del “Volta la carta” – portata sul palcoscenico anche dal grande F. De André. Punto di snodo un principio (e un quesito) rivoluzionario: la cultura popolare, e il valore del “risparmio”, può generare – nonostante l’assunto del “non spreco” – un profitto monetario economicamente quantificabile?
Tre sono gli aspetti principali che lo spettacolo Ri-volta la carta cerca di porre sul piatto dell’ascoltatore.
1°) Un oggetto ha sempre più funzioni e, generalmente, la funzione quasi esclusiva per cui è commercialmente posto in vendita non è la più creativa; ovvero: un oggetto, ri-voltato, contiene già in sé i principi di un suo possibile ri-utilizzo generando risparmio di risorse materiali e naturali.
2°) Gli oggetti – ma la materia tutta – possono innescare tra loro relazioni anche inusitate; ovvero: due oggetti inutili, uniti in virtù delle molteplici relazioni cui la materia può essere sottoposta, possono dare vita ad uno o più oggetti utili.
3°) La tradizione e la trasmissione del sapere, principalmente in forma orale, si pongono da sempre come tutori del valore dell’oggetto, in particolar modo dell’oggetto “alimento”, fonte primaria di sussistenza; ovvero: un alimento è un bene prezioso che, quand’anche non immediatamente consumato, nella cultura popolare non può e non deve andare sprecato ma deve rientrare nel circolo naturale, umano, animale o vegetale.
“Riutilizzare”, “riciclare”, “risparmiare”, tre verbi “forti” che i mass media veicolano spesso nei termini di mancanza di risorse monetarie, di malessere e di povertà; insomma proprio di quei flagelli dai quali vorremmo liberarci in cerca del tanto agognato “benessere” economico e materiale. Eppure il sostantivo “spreco”, tra i suoi contrari, non ha solo il termine “risparmio” (coi suoi cugini “riciclo” e “riuso”) ma anche “profitto”. Proprio quel profitto tanto auspicato dall’economia.
È dunque possibile, attraverso il principio del “non spreco” considerato portatore di mancanza di risorse, generare il vagheggiato “profitto economico”? Noi crediamo di sì… purché si ri-volti la carta!